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Levigliani

Altezza: 650 m. s.l.m.
Abitanti: 372 (al 31 dicembre 2002)
Chiesa: Visitazione di Maria SS.
Patrono: S. Ginese (26 agosto)

POSIZIONE GEOGRAFICA

Levigliani è il paese più alto di tutta la Versilia, situato nella valle di Cansoli che nasce dal monte Corchia fino ad arrivare al paesi di Ruosina. I luoghi del paese si chiamano: Lambora, Lappiatra, Le Piane, Marzocchino, Mulino, Vignali, Zeppolino, Cupola, Strecchio, Metato.

STORIA

Furono gli Apuani, popolazione di stirpe ligure, i primi abitatori dei nostri territori. Levigliani costituiva l'avamposto ligure più importante del III° secolo a.C., dominato dalla necropoli delle Piane Alte, costituita da tombe a cassetta raccolte in gruppi di piccole unità, disposte sotto rudimentali cumuli rivenuti presso l'abitato. Nel II° sec. a.C. aggrediti dai Romani e dopo aspre lotte, la fiera stirpe degli Apuani, nostri antenati, furono sconfitti e deportati nel Sannio. I territori furono colonizzati dai Romani (siamo nel 180 a.C.) a motivo dello sfruttamento minerario e marmifero. Il suo nome deriva dal latino Laeviluis o Levilianum, probabilmente uno dei coloni condotti a Levigliani dai romani dopo la deportazione dei Liguri-Apuani. Nel Trecento Levigliani, insieme a Terrinca, era considerato uno dei paesi più evoluti dell'Alta Versilia, se si considera il fatto che lo statuto della Repubblica di Lucca nel 1308 stabiliva che i due borghi dovessero versare, nel giorno di Santa Croce, un cero di otto libre alla città di Lucca. Da documenti risalenti al 1347 Terrinca e Levigliani che per la vicinanza si trovarono ad abitare e lavorare su territorio comune, erano tuttavia indipendenti. Nel 1484 Stazzema comprendeva nella propria Vicaria quasi tutte le frazioni dell’alta Versilia compresi Levigliani e Terrinca. Tale Vicaria passata al Capitanato di Pietrasanta non perdette i benefici acquisiti per i suoi territori nel 1484. Verso il 1540 Cosimo I stipulò un contratto fra i territori di Terrinca e Levigliani per acquisire in quelle proprietà e dietro pagamento, il diritto di far carbone. Il consolidamento della proprietà dei beni comuni agli abitanti di Levigliani aventi diritto, ha subito un lunga evoluzione fino ad dare origine al Comunello, la cui interessante storia si potrà leggere in questo sito nella pagina espressamente dedicata a questo argomento. Ci limitiamo qui a tracciare una breve sintesi conclusiva della vicenda. L’ istituzione del Comunello, nonostante risalga al 1794, è ancora oggi molto sentita dagli abitanti di Levigliani. Nel 1793 furono censiti i terreni limitrofi al paese appartenenti al Gran Duca Ferdinando III che 67 capi famiglia abitanti in Levigliani acquistarono. I piccoli appezzamenti di terreno venduti a ogni capo famiglia, per volontà degli stessi acquirenti, costituirono un unico bene. Fu cosi stabilito che ogni componente delle 67 famiglie vantava uguali diritti di sfruttamento sul terreno diventato di comune proprietà. Tale diritto è passato agli abitanti di Levigliani discendenti da tali famiglie fino ai giorni nostri. Attualmente i Beni Comuni sono gestiti da una Commissione formata da un Presidente e sei Consiglieri rinnovata ogni tre anni con l’incarico di amministrare e gestire i Beni Comuni nell’interesse della Comunità.

LUOGHI D’INTERESSE

ANTRO DEL CORCHIA

L'Antro del Corchia, detto anche “La Montagna Vuota”, è incastonato tra gli spettacolari scenari del Parco delle Alpi Apuane. Al suo interno ci sono 70 km di gallerie e pozzi, 1200 m di dislivello massimo, un sistema di condotti carsici sviluppati in 2 km cubici di roccia, che rendono l’Antro del Corchia il più importante complesso sotterraneo d’Italia ed uno dei maggiori al mondo. Dal 2001, un percorso attrezzato ed illuminato di circa 2 km, consente di addentrarsi nelle meraviglie di questo mondo sigillato, tra le limpide acque dei laghi sotterranei e surreali canaloni, nel fascino della “Foresta Pietrificata” o tra le forme magiche della “Galleria delle Stalattiti”.

MINIERE DELL'ARGENTO VIVO

La visita guidata alle antiche Miniere, le più antiche dell’Alta Toscana nominate addirittura in un atto del Comune di Pisa del 1153, ha una durata di circa un’ora e si sviluppa lungo un percorso attrezzato di 900 metri alla scoperta degli antichi giacimenti, accompagnati da una guida e muniti di caschetti da minatori. Nelle Alpi Apuane meridionali sono state compiute attività minerarie fin dal XII° secolo per l’estrazione di minerali di piombo argentifero, bario, ferro, mercurio con produzioni che a livello locale hanno dato occupazione massima nel XIX° secolo La visita guidata inizia nel cantiere della “Cava Romana” dove si può notare il metodo di scavo a pozzi inclinati lungo le vene di roccia mineralizzate collegati all’esterno con gallerie orizzontali moderne per il carreggio del minerale. Una delle particolarità che possiamo trovare nelle gallerie è la presenza di mercurio metallico allo stato nativo che rappresenta una peculiarità a livello mondiale. Il percorso continua poi verso i cantieri della “Cavetta” al di sopra dei quali si ritrovano discenderie inclinate in cui sono installati vecchi tubi e tramogge per lo scarico del minerale dai livelli soprastanti; quell’ambiente costituisce la zona della “Speranza”, zona ricca di cinabro in numerose venette negli scisti verdastri. I minerali più diffusi di queste miniere sono Cinabro e Pirite accompagnati da piccole quantità di Mercurio nativo. Si rinvengono inoltre rari minerali, tra cui la “Leviglianite” (varietà zincifera di metacinabro) e soprattutto la “Grumiplucite” (solfuro di mercurio e bismuto), qui recentemente scoperta e descritta per la prima volta.

CAVE DI MARMO ARABESCATO

L'escursione inizia con una passeggiata lungo un’antica via marmifera e l’avvistamento dell’antica “via di lizza”, salendo fino a raggiungere la cava in galleria denominata "Borra Larga", tuttora in funzione. La visita è un vero e proprio viaggio alla scoperta delle tecniche di lavorazione all’interno di questo maestoso e suggestivo teatro “dentro la montagna”: si osserva come vengono estratti i blocchi, i metodi di taglio della roccia e le qualità merceologiche, assaporando la millenaria storia dei cavatori delle Alpi Apuane che dal tempo dei Romani ai giorni nostri, passando per Michelangelo, hanno sempre cavato l’Oro Bianco dal ventre della e l’avvistamento dell’antica “via di lizza”, salendo fino a raggiungere la cava in galleria denominata "Borra Larga", tuttora in funzione. La visita è un vero e proprio viaggio alla scoperta delle tecniche di lavorazione all’interno di questo maestoso e suggestivo teatro “dentro la montagna”: si osserva come vengono estratti i blocchi, i metodi di taglio della roccia e le qualità merceologiche, assaporando la millenaria storia dei cavatori delle Alpi Apuane che dal tempo dei Romani ai giorni nostri, passando per Michelangelo, hanno sempre cavato l’Oro Bianco dal ventre della montagna.

MUSEO DELLA PIETRA PIEGATA E MUSEO DI COMUNITA' E D'IMPRESA “LAVORARE LIBERI”

Il sistema museale di Levigliani è composto di due sezioni, entrambe situate nei pressi della biglietteria delle grotte Antro del Corchia. La prima sezione, il museo della Pietra Piegata, è dedicato agli usi della pietra nel corso dei millenni, nel quale si trova anche un’area dedicata al biologo Emilio Simi, storico scopritore delle grotte Antro del Corchia. Al terzo piano la visita si conclude con l’esposizione di una “tomba a cassetta” dei Liguri Apuani, rinvenuta nella vicina necropoli in località “Le piane alte” ad un chilometro dal paese di Levigliani. La seconda sezione, il Museo di Comunità e d’Impresa “Lavorare Liberi”, è dedicato alla storia del Comunello di Levigliani e della Cooperativa Condomini Levigliani, storica azienda che da più di 50 anni lavora le cave del monte Corchia, producendo benessere e ricchezza per gli abitanti del territorio. In questa sezione è possibile osservare una vasta gamma di utensili usati per l’estrazione del marmo, oltre ad una riproduzione del sito estrattivo che mostra il taglio del marmo con il metodo del filo elicoidale.

I SENTIERI

ITINERARIO NATURALISTICO: LEVIGLIANI (582 m. s.l.m.) – PASSO CROCE (1150 m. s.l.m.) – MOSCETA (1190 m. s.l.m.)

Da Levigliani si sale fino a Pian di Lago (800 m. s.l.m.), dove è possibile fare sosta presso un agriturismo e degustare prodotti tipici. Proseguendo arriviamo fino a Passo Croce dove finisce la strada asfaltata. Questo primo tratto è percorribile sia in bicicletta che in automobile. Da Passo Croce si ammira l'intera cerchia delle Alpi Apuane e in giornate particolarmente limpide è possibile godere il panorama della costa Tirrenica. Lasciata la strada asfaltata, si raggiunge Fociomboli per un tratto di strada assai impegnativo che ricalca il sentiero n° 11 Apuane Trekking. La bellissima vista spazia sulla Garfagnana e sugli Appennini. Lasciamo sulla destra un tratto di strada sterrata che conduce ad una vecchia cava di arabescato (1400 m. s.l.m. Retro Corchia) e incontriamo sul nostro percorso uno degli ingressi naturale dell'Antro del Corchia, grande cavità posta nel settore meridionale della Alpi Apuane che costituisce il più grande sistema carsico attualmente conosciuto in Italia. Da qui inizia il sentiero n° 129 per Mosceta. Seguendo il percorso che scende a sinistra (sentiero n° 11) possiamo raggiungere l'alpeggio di Puntato, antico villaggio agro-pastorale. Da Puntato proseguiamo lungo il sentiero n° 128 e arriviamo alla foce di Mosceta. Lungo il cammino si incontra la grotta naturale detta “Buca dell'Omo selvatico” (1155 m. s.l.m.) e si può godere il bel panorama del Pizzo delle Saette e l'Alpe di Sant'Antonio (Molazzana). Lungo il percorso si possono incontrare esemplari della fauna locale, fra cui il Gracchio Corallino, simbolo del Parco delle Alpi apuane. Arrivati a Mosceta si può fare una sosta presso il Rifugio Del Freo. Per il rientro aggiriamo il monte corchia e affrontiamo la discesa, probabilmente la parte più impegnativa del percorso. Percorriamo il sentiero n° 122 e n° 9 in direzione Pruno-Levigliani fino a giungere al Passo d'Alpino (1195 m. s.l.m.). Proseguiamo in direzione di Levigliani, in discesa lungo il sentiero n° 9 detto “delle Voltoline”, assai impegnativo, fino all'ingresso dell'Antro del Corchia, nelle vicinanza della Cava Borralarga, e da qui si prosegue su strada sterrata fino a tornare a Levigliani.

LEGGENDE

LEGGENDA DELL'ANTRO DEL CORCHIA

In una località chiamata “Inferno” si aprono molte grotte, una delle quali si chiama "l’antro del Diavolo", perché sul soffitto si trovano due fori che la leggenda dice siano l’impronta delle sue corna.
In un’altra caverna, conosciuta come la “Tana dell’omo Selvatico”, si trova un enorme cavallo “stampato” su una concrezione calcarea con lo sguardo fisso in un punto della grotta. La leggenda dice che chi riesce a identificare il punto esatto in cui il cavallo guarda , troverà un lapislazzulo ed un filone d’oro. Altri invece sostengono che il cavallo sia un animale messo a guardia di un tesoro nascosto e che si svegli appena qualcuno riesce a trovare il prezioso bottino.

LEGGENDA DELL'OMO SELVATICO

Vicino a Mosceta, tra il monte Corchia e la Pania della Croce, si trova la Buca dell’Omo Selvatico. Era credenza diffusa che lì abitasse un uomo dalle strane abitudini: era triste quando era bel tempo, mangiava la buccia dei frutti e gettava via la polpa. Infine lavorava quando il tempo era brutto e si riposava col sole. Se ne stava rimpiattato per i boschi e calzava scarpe fatte di corteccia d’albero. Vestiva un mantello di pelliccia e si cibava di erbe selvatiche. Un giorno l’Uomo Selvatico fu convinto dai pastori ad andare ad abitare con loro. Lo convinsero con molta fatica, ma ne guadagnarono preziosi suggerimenti. Per esempio l’Uomo Selvatico insegnò loro a fare il burro ed il formaggio ed essi non volevano lasciarlo andare più via, nella speranza che potesse insegnare loro qualcosa di più. L’Uomo Selvatico svelò ancora molti segreti e quando i pastori si convinsero che ormai non c’era più niente da imparare gli dissero che sarebbe potuto tornare nella sua terra, tanto loro non ne avevano più bisogno. L’Uomo Selvatico se ne andò ma prima volle dire quanto fossero stati stupidi perché l’avessero fatto rimanere ancora un giorno, gli avrebbe insegnato a fare l’olio. Se ne andò e nessuno da quel giorno l’ha visto di nuovo.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Giannelli, Giorgio Almanacco Versiliese, Edizioni Versilia Oggi, 2001-2008, vol. 1, 3 (vedi voci “Chiese e oratori”, “Levigliani”)

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